Fin dal giorno in cui l’essere umano ha scoperto come impacchettare e vendere un prodotto artistico, è gradualmente emersa una narrativa che non accenna a perdere di rilevanza: il creativo contro il magnate. Una storia senza tempo, il disperato dimenarsi dell’artista per liberarsi dal giogo del produttore o editore che intende mettere al guinzaglio la creatività così da usarla solo per ingrassare il proprio patrimonio, senza alcun ritegno. Successe a Michelangelo, successe a Jackson Pollock ed è successo anche alla prima software house indipendente italiana, come vedremo nella storia di Simulmondo Parte I.
Simulmondo è stata la prima software house Italiana (per rilevanza dimensionale, perlomeno, non storicamente considerando esperienze precedenti come Lindasoft o la Systems Editorale) che riuscì a sviluppare e pubblicare i propri videogiochi, riuscendo a lavorare efficacemente con i distributori e anticipando diverse delle idee di marketing che poi fioriranno negli anni duemila; su tutte, i giochi a episodi.
Queste avanguardiste idee di marketing, però, non furono sufficienti a permettere all’azienda di sopravvivere.
Per ricostruirne la storia, ho preso contatti con diverse persone coinvolte nella storia di Simulmondo e ho scoperto che, nonostante siano passati due decenni, certe ferite non si rimarginano facilmente e le cicatrici non si scordano.
DISCLAIMER
Raccogliere informazioni su Simulmondo, nel 2021, non è stato compito facile. Attraverso le dozzine d’interviste sull’argomento pubblicate su web e riviste, le persone coinvolte hanno affermato, nel tempo, cose diverse: dall’ingigantimento di numeri fino all’emozionante narrazione di tempi trascorsi che, quando poi si è trattato d’interloquire col sottoscritto, hanno grandemente ridimensionato.
Ho fatto del mio meglio, anche grazie all’aiuto dei miei intervistati e delle fonti a disposizione, per arrivare a una ricostruzione degli eventi quanto più precisa possibile, così da mettere insieme quel che, spero, sia la versione più oggettiva della storia della prima software house Italiana.
Il cielo sopra il porto aveva il colore del Simulmondo.
La storia di Simulmondo inizia – e finisce – con Francesco Carlà.
Giornalista, figlio di un imprenditore, laureatosi con una tesi sui videogiochi – “La storia dei videogiochi dal 1971 al 1987” pubblicata nel 1990 – iniziò a collaborare con diverse testate dedicate fin da subito, dall’inizio degli anni ’80. Carlà era ossessionato dal mondo videoludico: nel 1984 era già proiettato verso il futuro e fu tra i primi in Italia a intuire le grandi potenzialità del mezzo, la sua pari dignità con arti come il cinema e la letteratura. Fu anche tra i pionieri del videogioco in televisione, intervenendo su diversi programmi contenitori come Videogames Weekend e Obladì Obladà già dal 1984.
Gli occhi del giovane giornalista brillavano con un sogno, un’immagine che sembrava accompagnarlo in ogni momento. La prima volta – racconta Carlà – gli venne in mente durante un soggiorno in un hotel di Londra: una proiezione mentale di un mondo virtuale fatto di personaggi che rispondevano ai comandi di un giocatore. William Gibson in Neuromancer lo definiva “realtà virtuale”, Carlà preferiva il termine “simulmondo”. Decise in quel momento che avrebbe dedicato la propria esistenza a cercare di costruire quel mondo virtuale, pur non avendo gli strumenti conoscitivi per capire come e dove iniziare.
Sembrava che la cosa fosse destinata a rimanere un sogno, fino a quando non incontrò Ivan Venturi.
Nato a Bologna e talentuoso game designer fin da tenera età, Ivan conobbe Carlà attraverso Stefan Roda e Mirko, suo fratello; Roda, essendo più grande di Ivan, aveva già avuto modo di collaborare con Carlà. Il giornalista prese subito in simpatia il ragazzino – non c’era poi enorme differenza d’età tra i due – acconsentendo di buon grado a visualizzare i vari titoli Commodore 64 sviluppati dalla giovane promessa.
Dopo un iniziale interesse, Carlà, non particolarmente colpito dall’arretratezza di quei tentativi, caricò Cauldron 2 della Palace Software, dicendo a Ivan: “Così si fanno i videogiochi, altrimenti non andrai mai da nessuna parte“.
Ivan tornò a casa mesto, ma si alzò il giorno dopo con una rinnovata spinta, deciso a migliorare per poter gareggiare con le altre software house a livello mondiale.
Nel giro di poco tempo, aveva fatto così tanti progressi che il giornalista decise di muovere i primi passi verso la creazione della software house. Non avendo esperienza in campo imprenditoriale, Carlà chiese l’aiuto di Riccardo Arioti. L’incontro tra i due venne facilitato, di nuovo, da Stefan Roda che aveva già avuto modo di collaborare con Riccardo Arioti e aveva messo in contatto i due. Riccardo, figlio di Mario Arioti (noto per le famigerate cassette Armati e già direttore di Italvideo), aveva già esperienza nel non facile settore della pubblicazione e distribuzione dei videogiochi in Italia. Arioti e Carlà diventeranno, dunque, soci in quell’azienda che, senza tentennamento alcuno, il giornalista intese battezzare come il suo sogno: Simulmondo.
Nei primi mesi d’avvio, l’azienda non aveva una vera sede: l’indirizzo e il numero di telefono dell’azienda erano infatti quelli del domicilio del giornalista. Carlà, nella sua rubrica “Playworld” sul n.68 di MC Microcomputer, a proposito del primo titolo che sarebbe stato pubblicato dall’azienda, scrisse che, visto che le bocce furono utilizzate dai fratelli Lumière per il loro primo film, aveva senso che ne fosse realizzata una versione interattiva proprio dalla Simulmondo.
Il primo titolo proposto a Ivan, infatti, è una simulazione di bocce. Venturi avrebbe preferito come sua prima uscita “ufficiale”, il titolo su cui stava lavorando: Columbus Race, un misto di Elite con combattimenti arcade ispirato proprio al viaggio di Cristoforo Colombo. Carlà insistette, ricorda Ivan, che abbandonasse quel progetto per concentrarsi pienamente su Bocce; così il programmatore abbandono le caravelle per mettersi a studiare come replicare in modo realistico il movimento dello sport sull’hardware Commodore 64.
Venturi decise anche d’inserire qualche riferimento alle sue passioni nel codice, come la schermata di caricamento ispirata dal suo amato Sacred Armour of Antiriad, il classico action-adventure della Palace Software.
Bocce fu pubblicato e venduto dall’azienda di Arioti, Italvideo, nonostante si tratti del primo titolo in cui compare il logo di Simulmondo. La successiva conversione per Amiga, Bowls, uscita l’anno successivo fu, invece, pubblicata proprio dall’azienda di Carlà.
Dopo il discreto successo di Bocce, fu Mario Arioti a richiedere al giovane programmatore lo sviluppo di un titolo che potesse rappresentare un piccolo assaggio di vita quotidiana in Italia, che fosse anche nel giusto spirito natalizio visto che si stava avvicinando la fine dell’anno.
Venturi ne parla come uno sviluppo veloce e senza fronzoli, un mesetto di lavoro circa. Qualche dubbio rimaneva sull’effettiva appetibilità per le famiglie sul preferire il sedersi davanti alla televisione, rispetto alla più tradizionale tavola natalizia con la versione reale del gioco stesso.
Non vi sono dati di vendita su Tombola, ma Ivan lo ricorda con soddisfazione, specie in quanto al rapporto tra pagamento e tempo di sviluppo.
Nel giugno del 1988 Venturi – finalmente – si diploma dal liceo artistico, continuando a lavorare su quello che sarà il terzo titolo a portare il logo Simulmondo: Simulgolf.
Comincia ufficialmente l'avventura Simulmondo
Finalmente libero dal giogo scolastico, oltre ad aver compiuto l’età giusta per essere assunto e iniziare a lavorare per una società, l’azienda si trasferisce da casa di Carlà per arrivare alla prima storica sede di Viale Berti Pichat, a Bologna. Ancora all’epoca, la software house era un’impresa di minuscole dimensioni: Carlà e Arioti nel ruolo di direzione, Ivan Venturi come unico programmatore e una quarta persona, Federico “Wiz” Croci, incaricato di stampa, distribuzione e PR.
Federico conobbe Carlà in maniera simile a Venturi, proprio per una corrispondenza d’interessi con il giornalista. Wiz iniziò una serie di collaborazioni con MC Microcomputer per cui scrisse diversi articoli, tra cui la soluzione dell’avventura The Pawn per C64. Ma, rispetto a Venturi, Federico ricorda che il suo rapporto con Carlà non si trasformò mai in una vera e propria amicizia.
D’altronde, Carlà proveniva da una classe sociale diversa rispetto ai suoi ben più giovani collaboratori: non solo il padre era imprenditore, ma lui studiava all’università. I pochi anni di differenza che, inizialmente, sembravano non avere molto peso nelle relazioni tra il direttore di Simulmondo e i suoi collaboratori, assumeranno – in seguito – un ruolo importante nella storia della software house.
La prima sede fu arredata con mobili e scrivanie di seconda mano, la prima pulizia a fondo fu realizzata proprio da Venturi e Croci, così da poterne conseguire un minimo guadagno. Nei mesi, il rapporto tra Ivan e Francesco Carlà era, naturalmente, cresciuto: mentre il giornalista era “la mente” con le sue idee geniali, a Venturi spettava sedersi davanti allo schermo e farle diventare una realtà che potesse essere divertente per tutti i giocatori. Il giovane giornalista faceva un uso intelligente dei suoi contatti nel mondo dell’editoria, così il nome di Simulmondo – nonostante fosse un’azienda giovane con alle spalle pochissimi titoli – iniziava a comparire sempre più spesso, anche al di fuori della stampa specializzata. Sia Venturi che Carlà furono i veri pilastri della software house, ancor prima della nascita ufficiale dell’azienda e dell’iscrizione nel registro delle società.
Per quanto riguardava Ivan, Simulmondo era una creazione che apparteneva a entrambi.
O perlomeno, così credeva.
Su “Playworld”, Carlà tornò ancora sul paragone tra la sua azienda e il cinema:
“Il motivo della nascita di Simulmondo è uno solo […] dare un volto italiano al software che di volto ha avuto solo quello anglosassone e francese. Mi piace pensare che possa essere come per il cinema quasi un secolo fa: all’inizio produrre film è stato un fatto soprattutto tecnico; ma già dagli anni dieci e venti ha cominciato a farsi largo la fantasia”.
Per quanto sia facile vedere, al giorno d’oggi, il potenziale conflitto d’interessi nel lasciare che un giornalista scriva articoli sui videogiochi prodotti da se stesso, all’epoca non sembrava rappresentare un problema per la stampa Italiana.
Nell’autunno del 1988, l’azienda coglie l’occasione di celebrare la propria nascita con il (primo) Simulmondo party. Carlà, nell’opportunità di festeggiare, adocchiava anche la ghiotta occasione d’incontrare di persona diversi dei programmatori che – nel frattempo – avevano avuto tenuto contatti con lui e Venturi. Tra i vari invitati, ci saranno futuri pilastri dell’azienda come Riccardo Cangini e i fratelli Dardari (ci andò il più grande, Davide), che di lì a poco avrebbero iniziato a lavorare sul loro Italy ’90 Soccer. Molti di loro furono assunti praticamente sul momento, tra una bicchiere di birra e un tramezzino.
Venturi menziona come questa fu la prima volta, in Italia, in cui la comunità di programmatori si riunì, un’idea che lui stesso sfrutterà in futuro in maniera ben più sistematica. “Da quel momento, Carlà diventerà ancora di più il mio mentore e riferimento” ricorda Ivan.
Il Simulmondo Party e i suoi frutti
Molti dei collaboratori conosciuti quel giorno non si sposteranno a Bologna, perlomeno non subito, scegliendo di lavorare “da casa”. Un concetto oggi familiare ma che, all’epoca, tra la lentezza dei modem e la poca affidabilità dei collegamenti in rete, consisteva nel recarsi in ufficio periodicamente per lasciare dischetti o, in alternativa, spedire i lavori via posta con tutti i rischi del caso.
Federico Croci ricorda come molte delle idee di Carlà, all’epoca, fossero niente più che suggerimenti avanzati durante una cena: un titolo e alcuni schizzi su un tovagliolo. Altre idee invece originavano dai suggerimenti dei vari ragazzi che tenevano contatti con l’azienda e MC Microcomputer. Per quanto il patron di Simulmondo fosse benintenzionato, queste idee venivano spesso “rivendute” a quotidiani e riviste come titoli quasi pronti, nonostante gran parte non vedranno mai uno sviluppo; solo alcuni vedranno la luce, molti anni dopo.
Rimini, Blue Sea (qui mostrato nel n.73 di MC Microcomputer), trattato come un titolo sostanzialmente finito, in realtà non fu nemmeno mai iniziato. Croci ricorda che avrebbe dovuto trattarsi di un’avventura grafica, in stile Dejà-vu, ambientata negli anni ’50 con immagini digitalizzate. D’altronde, con i suoi contatti giornalistici, Carlà riusciva facilmente a farsi pubblicare, menzionando traguardi piuttosto astratti come “il bacio più lungo nella storia dei videogiochi”.
A lavorare su Rimini, Mare Azzurro furono i fratelli Orofino, Giuseppe e Gianluca. I due, avidi lettori di MC Microcomputer, avevano adocchiato uno dei vari annunci dell’azienda che cercava collaboratori, decidendo così di proporre un demo della loro avventura grafica in lavorazione: Mystere. Giuseppe commenta: “a Carlà piaceva l’interfaccia, ma non la storia fantasy, quindi io firmai un contratto con Simulmondo, impegandomi a riutilizzarla proprio per Rimini, Blue Sea. In realtà, non c’era nessun game design né una grande idea, Carlà aveva solo il titolo e una vaga ambientazione da giallo o thriller. Non ricordo nemmeno se ci avesse detto che era ambientato negli anni cinquanta…”
La vaghezza del lavoro viene confermata anche da Gianluca Orofino: “figuriamoci che per trovare ispirazione finimmo per noleggiare il film Rimini Rimini alla ricerca di, magari, qualche fotogramma che potessimo digitalizzare. Eravamo due ragazzini! Oltretutto, abitavamo a Massa e non c’eravamo nemmeno mai stati sulla riviera romagnola!”. Alla fine, del gioco non se ne fa nulla e i due fratelli confermano che quegli screenshot pubblicati su MC Magazine non provengono da qualcosa su cui avessero lavorato loro. Mystere uscirà poi, nel 1990, per lo studio “rivale” Genias anche se non conterrà il nome di Giuseppe Orofino, poiché ancora impegnato nel contratto con Carlà.
Riccardo Cangini, invece, ricorda come il primo titolo Simulmondo su cui lavorò fu Mussolini Age, proposto da Carlà ma senza una descrizione che andasse oltre il soggetto di un titolo ambientato nel ventennio. A quanto pare il giornalista era proprio affascinato da quel periodo storico!
“Mi era stato dato solo il titolo e minime informazioni.” ricorda Cangini. “Provai a strutturarlo, ma il design non andò oltre qualche ipotesi e alcuni schizzi su carta, non essendoci particolare chiarezza su quale fosse il genere di gioco desiderato”. Subito dopo, Cangini inizia a lavorare su Francy Frigo (soprannome dato a Carlà da una ex fidanzata): l’idea di base era aggiornare la giocabilità di Little Computer People, con il personaggio che doveva essere proprio una versione virtuale del giornalista. I lavori andarono avanti più a lungo rispetto al precedente ma, anche qui, non si arrivò mai a niente di concreto.
Al di là di questi esperimenti falliti, il primo “vero” prodotto Simulmondo, uscito con la dicitura ufficiale della software house, fu proprio un gioco di calcio.
Italy ’90 Soccer per Amiga, sviluppato dai fratelli Dardari e pubblicato dall’azienda di Carlà nel mese di Luglio del 1988, fu anch’esso distribuito da Italvideo, con la conseguenza che il ricavato dalle vendite andava comunque ripartito con Arioti. Carlà ne parla come il primo gioco che riuscì ad arrivare sul mercato senza essere stato prima piratato (ebbene sì, la situazione era davvero così disastrosa). Tanto che, dalle pagine del numero di Dicembre 1988, di MC Microcomputer, tuonò: “I pirati che hanno contraffatto il marchio di Simulmondo saranno (e alcuni lo sono già in questo momento) perseguiti”. Non si scherzava con la polizia di Simulmondo.
Con la fine dell’estate, l’azienda aveva disperato bisogno di un altro titolo che risollevasse la situazione finanzaria, così da poter sopravvivere i primi costosi mesi di avvio. Venturi inizia a lavorare sulla conversione Commodore 64 dello stesso Italy ’90 Soccer: giorni e notti passate piegato a lavorare sulla tastiera del “biscottone”, cercando di finire in tempo onde far uscire il titolo per la stagione natalizia.
“Sei mesi di sviluppo furono ridotti a un mese e mezzo”, ricorda il programmatore, costretto a trasformarsi in un recluso in quelle settimane, ma senza gran dispiacere: dietro la tastiera, era sempre a suo agio. Il gioco fu recensito da diverse riviste, con la versione inglese di The Games Machine che lo bastonò con un impietoso 8%, definendolo “causa di ripetuti sbadigli” per colpa della lentezza dello scrolling dello schermo. Le reazioni della stampa non erano poi così importanti: la versione C64 riuscì comunque a vendere parecchie copie, mentre Venturi tuttora conferma di non aver mai visto un soldo da quel lavoro.
Il sodalizio s'interrompe
Nonostante l’apparente successo del sodalizio tra Italvideo e Simulmondo, la situazione mutò in tempi molto rapidi. Riccardo Arioti e Francesco Carlà litigano a inizio 1989, le motivazioni non sono mai state rese note in via ufficiale. Di recente il giornalista, in un podcast, ha dichiarato che non voleva avere contatti con quel mondo di pirateria informatica grazie al quale gli Arioti avevano fatto fortuna. Alcuni collaboratori di Arioti, invece, hanno dichiarato che l’imprenditore non avesse più intenzione di lavorare con Carlà perché non vedeva nella filosofia dell’intrattenimento simulato per l’Italia, qualcosa che potesse aver successo in futuro. Invece per la sua azienda, Genias, Arioti preferiva cercare e produrre prodotti con un pubblico potenzialmente più ampio.
A maggio 1989 Riccardo Arioti esce ufficialmente da Simulmondo, presentando alla stampa la “sua” Genias a settembre dello stesso anno. Al comando di Simulmondo resta il solo Francesco Carlà, unico amministratore sino allo scioglimento della società.
I primi titoli per Amiga della Simulmondo, considerando che i Dardari erano entrati nella scuderia Genias, furono programmati da un piccolo team di Latina: Raffaele Valensise, Giuliano Peritore e Dario Pennisi. Peritore ricorda che il primissimo demo inviato all’azienda di Carlà fu un’utilità per copiare floppy, “ricordo una demo con un paio di piramidi rotanti e qualche scritta scorrevole che abbinammo a una utility per copiare floppy che avevo scritto pochi mesi prima e che decorai con scritte Simulmondo software. Dopo qualche tempo, rigorosamente via posta, ricevemmo l’invito per il primo incontro di candidati sviluppatori che si sarebbe tenuto a Bologna.”
Il loro primo compito, direttamente da Carlà, fu proprio Bowls, la versione Amiga di Bocce. “Ci disse lavorate insieme, tanto abitate tutti vicini. Ma mica tanto! Raffaele era di Roma, io e Dario di Latina, all’epoca 60 km non erano certo così facili…” ricorda Giuliano. Naturalmente lo sviluppo avveniva in gran parte tramite scambio di floppy via posta o, in alternativa, lunghi viaggi in treno. Continua Giuliano: “le demo a Simulmondo venivano recapitate anche tramite viaggio in treno a Bologna. Non esisteva l’alta velocità, si partiva la sera e si arrivava all’alba, una veloce colazione al bar della stazione FFSS e via! A passo svelto fino alla sede per fermarsi per un tempo compatibile con il treno pronto per il ritorno!”.
Dopo il buon successo di Bowls, i tre passano a lavorare sulla versione Amiga di F1 Manager che era stato realizzato da Ivan Venturi per Commodore 64. Giuliano Peritore su quel lavoro ricorda “Inizialmente il gioco non prevedeva una parte arcade giocabile, cosa che fu aggiunta in seguito. F1 Manager oltre a farci innamorare dell’abilità di Raffaele di creare capolavori pixel per pixel, fu un grande sforzo di programmazione. Decidemmo infatti di interfacciarci direttamente con l’hardware di Amiga, bypassando il sistema operativo. Fu difficile reperire la documentazione tecnica dell’hardware e riscrivere da zero cose che sono sempre disponibili.” Dopo quel progetto, Dario Pennisi si trasferisce a Roma per l’università e il team si sfalda, riunendosi successivamente proprio a Genias.
Venturi ricorda ancora oggi Formula 1 Manager come uno dei suoi lavori preferiti. Il programmatore riuscì, in qualche modo, ad adattare un complesso titolo simulativo di F1 sul limitato hardware 8 bit, mentre il resto del mondo stava per compiere il salto verso i 16 bit. Decisamente uno dei momenti più alti della sua carriera di Commodorista.
Carlà ricorda che il titolo fu presentato al Gran Premio di Monza, in pompa magna, con tutti i piloti della Formula 1 a fare da testimonial con la presenza di Montezemolo, Edwige Fenech e il capo della Ferrari. Una promozione, poi, completamente gratuita, dovuta solo alle sue conoscenze giornalistiche. Il trafiletto pubblicato nel numero 89 di MC Microcomputer sembra riportare una storia leggermente meno epocale: Carlà portò un’Amiga al circuito di Monza e diversi piloti fecero alcune partite a F1 Manager. Interrogati sulla memoria di questo evento clamoroso, nessuno degli ex-Simulmondo ricorda che F1 Manager (o qualsiasi altro gioco) sia mai stato presentato ufficialmente al Gran Premio di Monza.
Poco dopo aver completato il lavoro sul titolo 8 bit, Ivan fu chiamato per il servizio di leva.
Cangini & Bruscella: il team di I Play
Durante l’assenza di Venturi per assolvere agli obblighi del servizio militare, Riccardo Cangini si trasferisce a Bologna per lavorare in presenza nella software house, insieme a Mario Bruscella. Questi, originario di Cattolica, conosce Simulmondo attraverso le riviste e si reca a Bologna con una sua proposta per un titolo, rigettata dallo stesso Carlà. Il primo gioco su cui lavorerà – in seguito – sarà invece una simulazione di basket con visuale dall’alto, idea speculare rispetto a F1 Manager. Uscita col titolo The Basket Manager nel 1990 per Amiga, Atari ST, Dos e Commodore 64, Riccardo Cangini si occupò della parte grafica. Nello stesso anno i due inizieranno a lavorare su quello che sarà il primo titolo nella famosa serie “I Play”: I Play 3D Soccer.
L’idea di Carlà era di sviluppare un simulatore di calcio diverso dal solito, più incentrato sulla “narrativa” piuttosto che l’azione, dove il giocatore fosse in controllo di uno dei vari atleti sul campo, seguendo l’azione attraverso una visuale in soggettiva. Cangini sorride quando ricordo come il giornalista avesse più volte rivendicato la paternità dell’idea, commentando “certo, sicuramente l’ha pensato lui, ma a noi stava il compito più arduo: quello di trasformare l’idea in realtà su un Commodore con 64k di memoria!”
Durante lo sviluppo, Carlà menziona il titolo per la prima volta sulle pagine del numero 97 di MC Micromagazine come “tra i primi titoli al mondo a essere pubblicato su CD-Rom”; cosa che, per quanto mi sia stato possibile approfondire, non è mai avvenuta.
I Play 3D Soccer, tuttora menzionato da molti come uno dei migliori titoli della Simulmondo, viene ricordato da Cangini come il suo lavoro tecnicamente più brillante, negli anni trascorsi a Bologna. Bruscella invece ne ricorda l’interfaccia, volutamente progettata con l’uso di immagini “astruse”, così da fungere anche come protezione software. Qualora infatti l’interfaccia fosse stata rimossa, il codice sarebbe andato a fare una serie di continui check intaccando progressivamente la giocabilità del titolo. Il programmatore racconta che proprio pochi mesi fa è stato contattato da qualcuno che – nell’anno 2020 – voleva craccare definitivamente l’interfaccia. “Diceva di esserci riuscito, ma cotinuava a trovare problemi di giocabilità ancora al secondo match!” Bruscella aveva inventato un sistema di protezione davvero diabolico, “forse anche troppo…” conclude.
Nel 1991, Bruscella e Cangini lasceranno brevemente Simulmondo, delusi dal misero trattamento economico riservato ai programmatori e sicuri di riuscire a fare meglio con i loro mezzi. I due vorrebbero fondare un proprio studio, così da potersi garantire un maggior afflusso di fondi e liberà creativa. Torneranno in Simulmondo poco dopo, con le pive nel sacco. Cangini ricorda come la scelta di tornare, in realtà, fu sua: “avevamo riscontrato sicuramente dell’interesse sulle nostre demo, sia da Genias che Psygnosis, ma personalmente, Francesco continuava a sembrarmi la scelta più sensata come publisher. Fu una scelta mia, anche legata al fatto che probabilmente ero più motivato a continuare a voler lavorare sullo sviluppo di videogiochi, rispetto a Mario Bruscella.”
Nuova linfa per Simulmondo
Fin dai primissimi tempi dell’azienda, Carlà si era impegnato a pubblicare una serie di annunci in diverse riviste, cercando giovani programmatori, grafici o chiunque volesse, in qualche modo, avere una carriera nei videogiochi. A fine anni ’80, Simulmondo era davvero una delle migliori aziende Italiane dove lavorare, oltre a essere – ovviamente – tra le poche software house sul mercato. Da piccola azienda di tre persone, l’azienda bolognese dimostrò un tale appetito di nuovi talenti da diventare, nel giro di pochi mesi, una vera software house, con dipendenti che lavoravano da casa e altri in ufficio. Dal 1990, molti degli intervistati ricordano l’inizio degli “anni d’oro di Simulmondo” che dureranno fino alla fine del 1992.
Fu proprio nell’ottobre del 1990 che Michele Sanguinetti, amico liceale di Venturi, inizia a lavorare nell’azienda: tutti i suoi colleghi lo ricordano ancora come il grafico più talentuoso con cui hanno mai avuto il piacere di lavorare. Michele stesso ricorda la sensazione di essere arrivato in un gruppo di amici, andando subito d’accordo con Cangini, Bruscella e, naturalmente, Venturi stesso.
La ricerca continua di personale da parte dell’azienda portava, ovviamente, gli stessi dipendenti a contatto con una serie di candidati alquanto eccentrici. Ivan ricorda diversi aneddoti sugli strani personaggi che mandavano lettere, dischetti o si presentavano addirittura in ufficio. Ragazzi che avevano lavorato su semplici giochi o che proponevano idee folli con l’aspettativa di essere ricoperti di complimenti e, ovviamente, di soldi.
“[…] essendo negli anni ’80-’90 ancora nel pieno terzo mondo -italia!- [sic] dell’industria videoludica, molta gente non se ne rendeva conto! Tantissimi ragazzetti bravi o bravini erano convinti di fare un milione di dollari col loro primo videogioco, che le TV sarebbero andate a intervistarli, che le donne avrebbero fatto loro da zerbino mentre salivano sulla Ferrari nuova fiammante.”
Tra i tanti collaboratori di Simulmondo arrivati nella fase successiva ai primi titoli, ci furono anche musicisti come Gianluca “Boka” Gaiba e programmatori, grafici 3D come Ciro Bertinelli e Massimiliano Calamai. Bertinelli ricorda di aver mandato un demo grafico dopo aver visto proprio uno dei vari annunci, fu chiamato immediatamente e iniziò a lavorare subito come freelancer per Simulmondo, il suo primo lavoro proprio su un Chess tutor sviluppato in 3D.
Gaiba anche ricorda un inizio entusiasmante nella software house, d’altronde era un po’ un sogno riuscire finalmente a lavorare da musicista, sulle colonne sonore dei videogiochi. Carlà gli diede due computer diversi su cui lavorare, oltre a uno strumento musicale: a tutti gli effetti, sembrava un inizio molto promettente. Ma rimase solo promettente, ricorda, visto che quell’investimento iniziale fu l’unico ricevuto in tutta la sua carriera nell’azienda.
Massimiliano Calamai, entrato in Simulmondo tra il 1991 e 1992, racconta di aver imparato in proprio a mettere le mani su grafica e design, per poi rivolgersi a varie realtà Italiane attraverso alcuni annunci su ZZap! La sua impressione, successiva a questi contatti, fu che solo Simulmondo fosse una realtà professionale e industriale, un’azienda che fosse tale e non solo un gruppo di ragazzi benintenzionati. “All’epoca ero ancora uno studente, quindi il lavoro avveniva da solo in casa, portando i floppy da Prato a Bologna quando avevo finito. Successivamente, passai a lavorare stabilmente facendomi 2-3 ore di treno al giorno.” Essendo un grafico, ebbe modo di lavorare fianco a fianco con Michele Sanguinetti e Riccardo Cangini “c’era un rapporto molto amichevole tra noi, mi sembrava di andare a trovare degli amici, non certo di andare in ufficio a lavorare!”.
Tutte le persone che finirono a collaborare per Simulmondo, così anche Stefano Balzani e Natale Fietta, erano giovani alla prima esperienza lavorativa, pieni di speranza e talento.
Gli anni d'oro di Simulmondo
Simulmondo, nel corso di pochi anni, era riuscita a imporsi come indiscussa leader tra le software house indipendenti Italiane, oltre a confermarsi in grado di cimentarsi con tanti generi diversi con un successo sempre assicurato. Amata dai giocatori, adorata dai collaboratori, stimata dai critici: nulla sembrava potesse arrestarne il successo.
Bruscella, tra i diversi titoli, ricorda il “seguito” di I Play 3d soccer, 3D World Soccer, per cui sviluppò un algoritmo innovativo che permetteva lo sprite scaling in tempo reale. “Che mi ricordi, per l’epoca si trattava di una novità assoluta: nessuno aveva una tecnologia del genere. Peccato averla usata per un titolo che aveva – di nuovo – solo la telecamera in soggettiva, invece di quella televisiva: una filosofia che finì col limitarne parecchio l’appetibilità sul mercato.”
Altri titoli come Millemiglia (Carlà ne parla di “un lavoro di 20 mesi” nel numero di Ottobre 1991 di MC Microcomputer) e Formula 1 3D riuscirono a conquistare un buon successo e numero di copie vendute, specialmente per un mercato ancora molto influenzato dalla pirateria come quello Italiano. Oltre titoli sportivi, l’azienda rilasciava anche qualche esperimento interessante come l’avventura Italian Night 1999, uscita in seguito nel 1992 e sviluppata dai fratelli Alleva, basata su un’idea risalente addirittura ai tempi di Mussolini Age.
Simulmondo aveva conluso un accordo con il publisher bolognese C.T.O., garantendosi un publisher con già della buona esperienza, in un’epoca in cui certi rapporti erano spesso caratterizzati da difficoltà e ostacoli legali.
Gli utenti Simulmondo potevano contare su giochi di qualità, in grado di offire simulazione e divertimento di pari livello ai prodotti sviluppati nel Regno Unito o in Francia: proprio l’obiettivo originalmente dichiarato dallo stesso Carlà su “Playworld” nel 1987. Simulmondo era diventata sinonimo di “Italian entertainment for the world”.
Eppure, Francesco Carlà non era ancora soddisfatto.
Proprio all’inizio del 1990, l’imprenditore viene folgorato da un’idea: Bologna ospita tanti famosi autori di fumetti. Ne consegue che Simulmondo potrebbe facilmente sviluppare prodotti legati a questi apprezzati personaggi. L’accordo con la Sergio Bonelli Editore (Dylan Dog, Tex Willer, Martin Mystère) viene presto concluso e annunciato orgogliosamente negli uffici dell’azienda. Dice Carlà: “[…] All’epoca Dylan Dog vendeva un milione di copie e non c’era nessuno che non ne fosse preso, compresi i miei collaboratori. Mi avrebbero pagato pur di lavorarci”.
Il primo titolo progettato è, infatti, proprio basato su una delle storie più famose dell’investigatore paranormale, pensata come un tributo, ma sviluppata come fosse un seguito diretto. Venturi si occupò di scriverne la storia, rivestendo per il progetto il ruolo di direttore di produzione, con l’obiettivo di rispettare le scadenze e tenere sotto controllo tutte le diverse fasi di produzione. Gli Uccisori vedrà la luce nel 1992 sviluppato come un platform d’azione con elementi di avventura grafica: uno dei titoli più ricordati della Simulmondo, anche all’estero.
Francesco Carlà nel n. 112 di MC Microcomputer ebbe modo di dire: “Dylan Dog è un progetto a lungo termine. Nessuno pensa di farne un videogioco usa e getta, un brutto prodotto che si venderebbe benissimo ugualmente grazie alla popolarità del personaggio.” Vedremo come questa dichiarazione coglierà in pieno il destino dei prodotti legati ai fumetti che seguiranno.
Nell’accordo con Bonelli, il direttore di Simulmondo vede potenziale per un’intera serie di avventure con diversi personaggi dei fumetti, ben oltre Dylan Dog e Tex Willer. Verranno stretti accordi simili con Astorina, titolare dei diritti su Diabolik, e successivamente, per Spiderman con la Star Comics.
L’ultima grande idea del periodo d’oro dell’azienda di Francesco Carlà consisteva nello sviluppare videogiochi che fungessero da allegato a singole uscite di un fumetto, venduti nelle edicole proprio insieme agli stessi album cartacei. Il primo titolo della serie fu Attraverso Lo Specchio con – di nuovo – Dylan Dog: il titolo aveva un design semplificato rispetto a Gli Uccisori, più vicino a un fumetto interattivo che a un platformer con elementi di avventura. Un’idea, quella dei “giochi episodici” che anticiperà la simile struttura che verrà adottata da Telltale, a metà anni duemila, per le serie The Walking Dead e Sam & Max, tra le tante.
I titoli erano sviluppati proprio per ricordare un singolo fumetto, conseguentemente pensati per avere una durata inferiore rispetto a un videogioco a prezzo pieno. “Il gioco era progettato per durare il doppio del tempo di vita di un fumetto. La quantità di soldi che ci spendevi per il tempo che ci dedicavi era paragonabile a quella del fumetto.” ricorda Venturi in un’intervista.
Carlà ricorda come Simulmondo riuscisse a sviluppare giochi con un budget di circa centomila euro odierni, inclusi marketing e pubblicazione di scatole e dischetti. Parlandone con Federico Croci, mi conferma come questo budget potrebbe aver senso, ma l’arrivo della distribuzione in edicola portò uno sconvolgimento completo del mercato di riferimento, rispetto a quello più semplice della distribuzione nei negozi a cui era abituata Simulmondo Essenzialmente, l’azienda bolognese agiva come tutte le case editrici intenzionate a vendere un quotidiano o fumetto: le edicole si occupavano della distribuzione dei pezzi, con l’azienda che manteneva la piena proprietà sui titoli. Solo nel momento in cui le vendite venivano effettivamente finalizzate, sarebbe stato noto l’esatto numero, al netto delle copie restituite o degli eventuali dischetti difettosi.
Riccardo Cangini ricorda che vendere ventimila copie di un singolo numero in edicola, di per sè, non avesse un gran peso specifico, considerando che l’azienda avrebbe dovuto aspettare mesi per capire gli esatti ricavi da queste vendite. L’idea di vendere videogiochi proprio accanto ai fumetti lanciava – naturalmente – anche una sfida diretta alla pirateria, considerando, ancora a inizio anni 90, le edicole stesse fossero ancora uno dei principali rivenditori di giochi piratati per Commodore 64, MSX e Spectrum.
S'intravedono le prime crepe
Nel 1991, Venturi ricorda una situazione aziendale caotica ma piacevole, all’epoca il team di programmatori – tra dipendenti di vecchia data e stagisti vari – era diventato così numeroso che l’azienda fu costretta a trasferire gli uffici amministrativi al piano di sotto, mentre i “nerd si divertivano” al piano di sopra. Con Venturi come direttore di produzione della linea delle avventure, Cangini a capo della linea sportiva, l’intero sistema di produzione aziendale si era mosso verso una linea più industriale. Con l’arrivo dei titoli da edicola, ricorda Ivan, le cose cambiarono altrettanto rapidamente.
La nuova programmazione richiedeva puntualissime uscite mensili, nonché conversioni PC e Amiga di ogni titolo: tutto doveva essere standardizzato il più possibile per venire incontro alle rigorose scadenze. La software house, continua Venturi, nel 1992 aveva adottato già un sistema “burocratico”, con armadi pieni di carte affinché tutti potessero essere aggiornati sulle varie fasi di progettazione e sviluppo. Conseguentemente, il team di sviluppo aveva pochissima libertà di arricchire o variare le singole avventure episodiche, così i singoli episodi iniziarono a somigliarsi, presto, l’uno con l’altro. Ciro Bertinelli pure ricorda che, dopo un primo anno promettente, la situazione iniziò presto a incrinarsi.
Non ho mai incontrato Michele Sanguinetti, ma dopo dozzine di interviste e la totale immersione nell’esperienza Simulmondo, sento quasi la sensazione di conoscerlo da sempre quando, a centinaia di chilometri di distanza, lo sento riflettere in silenzio dall’altra parte del telefono. La stanchezza si avverte nella sua risposta: il lavoro sui giochi da edicola aveva iniziato a prendere la mano all’azienda. “Si era in ufficio ogni giorno della settimana, a volte fino a notte fonda. Quattordici ore di lavoro continuo dove, presto, gli schemi e i ruoli saltarono definitivamente e i rapporti tra quelli che erano più amici che colleghi, iniziarono a essere tesi.”
Stanco di questo “crunch” continuo, Michele ricorda quando andò a chiedere di smettere di lavorare continuamente in straordinario o, almeno, che queste ore extra gli venissero riconosciute economicamente. Di fronte alla negazione di una richiesta comunque ragionevole, Michele non ci pensa più di tanto e decide di lasciare l’azienda, con gran dispiacere dell’amico di liceo Ivan Venturi. “Anche per l’amicizia con Ivan fu un periodo difficile, mentre lui rimaneva in Simulmondo, io venivo praticamente cacciato via. La cosa mi fece incazzare non poco.”
Sanguinetti che lascia sbattendo la porta era solo il primo segnale: probabilmente nessuno all’epoca se ne rese conto, ma quella prima perdita fu l’inizio della fine per la software house. Con l’arrivo del 1993, quella che un tempo sembrava un’alba dorata, si trasformerà in una notte eterna.
Gli anni d’oro, ricordati con affetto e piacere da Venturi, Cangini e gli altri, solo un distante ricordo.
Grazie per la lettura.
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La storia di Simulmondo continua nella seconda parte.
Fonti & Riferimenti
Interviste con Ivan Venturi, Riccardo Cangini, Federico Croci, Massimiliano Calamai, Mario Bruscella, Giuliano Peritore, Ciro Bertinelli, Michele Sanguinetti, Gianluca Gaiba, Gianluca Orofino e Giuseppe Orofino effettuate dal sottoscritto tra il 2020 e il 2022.
MC Microcomputer numeri 68, 71, 72, 73, 76, 77, 79, 80, 99, 110, 111, 112, 116.
Francesco Cirica, Interviste con Francesco Carlà e Ivan Venturi in “Simulmondo: La Nascita dell’industria videoludica italiana e la sua evoluzione”, 2015.
Ivan Venturi, “Vita di Videogiochi: Memorie a 8 bit”, pubblicazione indipendente, 2020
Andrea Pachetti “Intervista con Francesco Carlà”, Quattrobit.
Carlo Santagostino, “Intervista a Francesco Carlà – Vi racconto il “Simulmondo”, Archeologia Informatica.
Un ringraziamento a Roberto De Gregorio per le foto dei titoli Simulmondo.
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