Nella seconda parte di questa retrospettiva sui titoli di Buck Rogers, daremo un’occhiata alla meno lodata continuazione del primo gioco, Matrix Cubed, e infine spiegherò perchè sono convinto che entrambi i giochi siano ancora rilevanti dopo così tanti anni.
Preparatevi al lancio di questa seconda parte dedicata alla saga RPG di Buck Rogers!
Matrix Cubed, progettato come seguito diretto del primo gioco, fu ideato da Rhonda Van, che scrisse alcuni incontri e dialoghi di Countdown to Doomsday, e fu rilasciato per PC nel 1992, due anni dopo il suo predecessore. La versione Amiga fu apparentemente completata, ma mai rilasciata sul mercato a causa di un bug piuttosto pesante, difficile da scovare e risolvere. Secondo il programmatore Kerry Bonin, dopo settimane di lavoro per identificare il bug, arrivò l’ordine dall’alto di lasciar perdere la versione Amiga poiché i numeri di mercato non giustificavano il lavoro.
Sebbene non sia quello che potremmo chiamare un seguito istantaneo, molto poco venne cambiato: i due giochi condividono la stessa interfaccia del motore Goldbox, il Diario per leggere e conoscere i dettagli di storia e dialoghi e, naturalmente, le meccaniche generali. La creazione del personaggio è anch’essa pressoché la stessa, anche se questa volta SSI si curò di fare un uso estensivo delle abilità specifiche dei personaggi, il che ha senso, eccezione fatta per le molte occasioni in cui persino un abilità a livello 99 farà fallire l’azione del personaggio senza possibilità di riprovare, se non caricando un salvataggio precedente.
MC non perde tempo ad informare il giocatore che si tratta, a tutti gli effetti, di un sequel: il party viene attaccato subito dopo l’introduzione, proprio a causa della distruzione del Doomsday laser. La trama vede il comandante Buck Rogers inviare il nostro party ad investigare la veridicità di certe dicerie a proposito di Matrix Cubed, una tecnologia per re-fertilizzare la Terra e ripristinare la vita sul pianeta, cercando anche di reclutare scienziati e medici per farla funzionare. Il tutto evitando che la RAM arrivi a metterci le mani per prima.
Tuttavia, questa volta, c’è un terzo soggetto interessato che giocherà il ruolo della corporazione malvagia: un’organizzazione terrestre chiamata P.U.R.G.E., che sembra odiare tutte le creature non-umane extra-terrestri. Sostanzialmente un Ku Klux Klan in salsa fantascientifica. La squadra incontrerà nuovi nemici, come il cyborg umanoide alla guida della PURGE chiamato Sid Refuge. E’ un cattivo di seconda categoria con poca o nessuna personalità che interviene nella seconda metà del gioco. Tutto considerato, invece che chiamarsi Refuge, avrebbe potuto optare per Vicious e darsi alla musica.
MC è un avventura più lunga della prima, con meno posti da esplorare ma livelli più lunghi e un maggior numero di battaglie. La posta in gioco questa volta è sicuramente più bassa, visto che ri-fertilizzare la Terra non possiede la stessa solennità del salvarla dall’obliterazione. Mi chiedo perchè SSI non abbia optato per un’altra storia, come ad esempio andare a salvare lo stesso Buck Rogers, invece che dirigere un sequel del gioco precedente riprendendo una trama sicuramente logica, ma non molto avvincente.
Se i luoghi di interesse sono per lo più gli stessi, ce ne sono un paio di nuovi ed interessanti: Losangelorg e Jove sono ora esplorabili. Il più interessante è indubbiamente l’astronave vivente che il party dovrà abbordate e curare per ottenere un aiuto nelle battaglie conclusive; sfortunatamente i livelli all’interno della nave non sono particolarmente entusiasmanti, trattandosi principalmente di una lunga trafila di tanti piccoli compiti inutili.
Tuttavia, sono le due ore conclusive che metteranno a dura prova la pazienza di molti giocatori: una violenta offensiva di infinite battaglie obbligatorie, fino alla conclusione. Spoiler Alert: il finale per il quale si è combattuto così duramente non è altro che un paio di personaggi che ci ringraziano, dopodiché il gioco esce direttamente al prompt DOS senza avvertimenti. Ok, “conglaturations”?
Buck è uno dei protagonisti, ricoprendo il ruolo di comandante diretto della squadra, a cui si unirà – nuovamente – per un breve periodo di tempo, ma nonostante questo non combina molto. Peggior sorte toccherà a Wilma Deering, la quale si vede solo brevemente e ha un ruolo persino minore rispetto al primo titolo. Sebbene la scrittura sia a tratti interessante, con citazioni di Blade Runner e riferimenti al rapporto umani-replicanti, nel suo complesso il design dà la sensazione di essere piuttosto datato per gli standard del 1992, anno in cui furono rilasciati classici come Ultima VII e Ultima Underworld. MC sembra essere, sotto tutti i punti di vista, un RPG di una generazione precedente.
La visuali isometriche dei combattimenti appaiono più pulite alla vista e l’esplorazione in prima persona più colorata e varia. Non posso però non provare rammarico per il fatto che SSI non abbia colto l’occasione di sviluppare l’intero RPG come un isometrico, analogamente alla versione per Megadrive di Countdown to Doomsday. La colonna sonora è pressoché assente; fatta eccezione per brevi jingle in alcuni momenti particolarmente emozionanti, la maggior parte dei suoni sono gli immancabili pseudo-rutti prodotti dal PC speaker mentre il party cammina sulla mappa, il che, nel 1992, suona molto come “fan sfegatati di Goldbox soddisfatti o rimborsati”.
Ci sono alcuni nuovi nemici, alcuni di stazza raddoppiata rispetto ai soliti, come i “Gennies” stadio 5 (che assomigliano ai Red Devils di Ghosts and Goblins) e gli spaventosi dinosauri Venusiani. Il combattimento a terra non è solo più frequente ma appare anche più difficile, il che può avere senso avendo in mente che “se hai giocato Countdown to Doomsday, sai la sofferenza che ti attende”. Ci sono poi un paio di combattimenti che appaiono quasi impossibili da vincere, son stato costretto ad aggirarli modificando i personaggi per moltiplicare il danno inflitto.
Non mi soffermerò troppo sul combattimento, che, tutto considerato, è uno dei migliori aspetti del gioco. Questo si nota in particolare quando sulla Luna viene assegnata la missione di svelare gli scheletri nell’armadio di alcuni politici e personaggi importanti e non ci sono combattimenti, neanche casuali. Seppur sembrando un interessante modalità alternativa, quasi come un Disco Elysium moderno, quella sezione è la più tediosa, oltre naturalmente ai combattimenti ripetitivi ed impossibili da vincere menzionati sopra.
Anche la reazione della critica fu meno favorevole in confronto al predecessore. In generale, Matrix Cubed viene ricordato meno del primo gioco e le vendite ne soffrirono. In seguito ad una pubblicazione non facile del secondo titolo della serie, la SSI abbandonò comprensibilmente la saga di Buck Rogers e, in generale, il mondo dei videogiochi sembra aver dimenticato del tutto il buon capitano.
Countdown to Doomsday e Matrix Cubed sono quindi grandi videogiochi, splendidamente invecchiati come un buon vino e ancora rigiocabili? Con rammarico dovrei rispondere: no. Tuttavia, mentirei se non menzionassi come offrano alcuni dei miei momenti RPG preferiti dell’era dei ‘90, posizionando Countdown to Doomsday nella top 10 dei miei RPG preferiti di tutti i tempi.
Ha senso tale contraddizione? Vediamo prima cosa andò storto.
Il sistema Goldbox di SSI, progettato per adattarsi perfettamente a giochi di stampo Advandced D&D, non si presta altrettanto bene a un titolo sci-fi. Non è una coincidenza che i due giochi su Buck Rogers siano le uniche voci sotto il genere “fantascienza” nella carriera di SSI e che Goldbox non sia mai stato ottimizzato per le loro specificità. Dato che non ci sono incantesimi ma solo armi da fuoco, per finire velocemente una battaglia il giocatore è costretto a far piovere granate e colpi al plasma e incrociare le dita. Questo perchè nella maggioranza delle battaglie i nemici lavorano in gruppo, ergo armi che fanno danni di massa sono sempre la scelta migliore. Inoltre, appena i combattimenti diventano più difficili, soprattutto in MC, pistole e fucili infliggono poco danno, a meno che i membri del party non abbiano specifiche abilità ad alto livello.
Esattamente come per i classici fumetti di Superman, le serie di storie pubblicate su Buck Rogers ruotano esclusivamente intorno al protagonista, senza possedere una galleria di personaggi e creature memorabili come in Star Wars o Star Trek. Da un lato questo significa che gli autori del gioco ebbero più libertà creativa, dall’altro viene a mancare un netto fil rouge in supporto del design della narrazione e dei personaggi in grado di far immergere il giocatore, come avvenne in Knights of the Old Republic per l’universo di Star Wars.
Tutto questo non spiega la curiosa scelta di fare di Buck un personaggio non-giocabile invece che un membro del party, visto che lui e Wilma Deering sono gli unici personaggi riconoscibili di un franchise che godette di un breve periodo di successo, dimenticato completamente già nei primi anni ‘90. Leggendo alcune delle recensioni e articoli, per quante pochi siano, emerge chiaramente che nessuno a SSI sembrò comprendere pienamente la decisione di sviluppare ben due giochi basati sulla saga. Lascia la sensazione che artisti e scrittori furono in qualche modo costretti a ingoiare il rospo.
Il ruolo di Buck in entrambi i capitoli è al più marginale. Fornisce informazioni o comunica missioni al party, come ad esempio quando veniamo inviati in una missione suicida per salvare una sua amica Desert Runner… mille grazie comandante Rogers! Su vari forum a tema Dos, ho chiesto a diverse persone che avevano comprato il gioco ai tempi: pur avendo ricordi piacevoli a riguardo, nessuno di loro ha menzionato l’apprezzamento del franchise come motivazione principale per l’acquisto.
Probabilmente l’unica scena famosa con Buck Rogers di mezzo, nonostante sia stato l’ispirazione del ben più famoso Flash Gordon, la troviamo nel film E.T. di Steven Spielberg, quando veniva letto dal ragazzo protagonista, Elliott. Per carità, anche io rimasi emozionato dall’incontrare per la prima volta Buck in Countdown, ma più per curiosità che per altro, Buck non sembra minimamente delineato come personaggio in alcun modo, nemmeno nel “suo” RPG.
Al di là di tutti questi problemi di partenza, non è sorprendente che il design dei personaggi, la scrittura e la direzione artistica riuscirono a splendere. Il reparto artistico fu curato da molti artisti di talento, tra cui illustri veterani SSI come Laura R. Bowen e Fred Butts. E’ singolare pensare che un RPG del 1990 presenti – in molti casi – una narrativa del tutto matura e avvincente, visto che ad oggi non siamo ancora riusciti a eliminare del tutto la narrazione per cui i videogiochi sono “una perdita di tempo per ragazzini o adulti immaturi”.
Analogamente ad un RPG come Planescape: Torment, pur non essendo un patito delle meccaniche, le atmosfere e missioni di entrambi i giochi furono – e sono ancora – un grande punto di forza. I due titoli SSI non scansano temi come morte, dolore e senso di terrore; in particolare non potrò mai dimenticare due ambientazioni di Countdown to Doomsday.
La prima è l’astronave The Maelstrom Rider, infestata dai Gennies, che incarna un’atmosfera alla Alien: il party sale a bordo di una nave piena di cadaveri maciullati, portando alla luce registrazioni che raccontano storie di esperimenti andati male, incontrando presto organismi che mutano e evolvono di fronte ai loro occhi. E’ narrata con perizia e con tanto di colpi di scena, é un delizioso assaggio di horror nello spazio che calza perfettamente nella storia.
Il pianeta Venere è, narrativamente, l’opposto della navicella in stile Nostromo. Il party atterra su un pianeta che è stato devastato dalla RAM, villaggi distrutti e pletore di abitanti morti, i Lowlanders. Entrando in un villaggio che è stato messo a ferro e fuoco, il team sente il pianto lontano di un bambino, che viene presto ritrovato, abbandonato piangente tra corpi esanimi e assassini della RAM. Scopriremo presto che il piccolo è rimasto orfano di madre, cosi che l’unica opzione è trovare qualcuno che sia sopravvissuto e affidarglielo.
Il party prenderà con sè il bimbo e dovrà tenerlo al sicuro, nonché comandarlo nei combattimenti. Sebbene la sopravvivenza del bimbo non cambi nulla ai fini della storia, la si sente come una scelta morale necessaria. La triste storia del bimbo venusiano che, in qualche modo, è riuscito a sopravvivere alla devastazione del suo villaggio e all’uccisione della madre, e si muove col rinnovato desiderio di combattere i soldati malvagi della RAM, spezza quasi il cuore.
Anche se probabilmente nessuno degli RPG di fine anni ‘80 si qualifichi come grande letteratura, la serie di Buck Rogers è ben scritta e non si sofferma più del dovuto su determinati eventi, non eccedendo con i dettagli.
Dunque, la narrativa e l’atmosfera di alcuni scenari è ragione sufficiente per garantire il mio consiglio di riscoprire la saga di Buck Rogers e perdonarne gli evidenti limiti di gioco di ruolo inizio anni 90? Risponderei di sì: Countdown to Doomsday vale sicuramente il prezioso tempo anche di un giocatore moderno, magari potrebbe non essere al livello di classici come la serie di Ultima, ma presenta comunque scelte importanti, episodi maturi e temi politici. Concedete al gioco almeno un paio d’ore e raggiungete la suddetta nave infestata, dopodichè potrete decidere se vale la pena di continuare.
A questo proposito, visto che la spietatezza del mondo dei titoli SSI degli anni ‘90 potrebbe essere comprensibilmente scoraggiante per alcuni, la versione Megadrive è facilmente consigliabile, mantenendo la brillante narrativa. Persino dopo ore di frustrazione spese su MC, ne sento onestamente la mancanza e mi spiace non aver altro da giocare della serie RPG di Buck Roger. C’è qualcosa che mi faceva voler riprovare di nuovo quel maledetto combattimento, per traghettare il mio party verso il successo, per salvare la Terra, per non disattendere le aspettative del comandante Roger e per scoprire tutti gli incontri e sottomissioni.
Se questo non è un segno di una grande scrittura in un videogioco, beh, non saprei cos’altro potrebbe esserlo.
Grazie a Kerry Bonin per le informazioni su Matrix Cubed.
Grazie a Michael Caminale per l’aiuto sulla traduzione.
Grazie per la lettura.
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