Gli appassionati di punta-e-clicca sono un tipo di giocatore piuttosto peculiare: sempre affamati di novità, ma raramente interessati ad andare oltre la propria piattaforma per trovare qualcos’altro di giocabile. Ero uno di loro, quindi posso sicuramente comprendere questo particolare punto di vista. The Detective, gioco particolare per tanti motivi, però dovrebbe facilmente far contenti molti degli appassionati.
Certo, vero che tra tanti home computer, il Commodore 64 è ben lungi dall’essere la piattaforma ideale per i punta-e-clicca: oltre alle ovvie limitazioni tecniche, non c’è supporto per il mouse. Le avventure testuali erano sicuramente più di casa per il buon vecchio biscottone, considerando anche la maggior facilità nel programmarle in BASIC. Eppure, nonostante l’assenza di un dispositivo che permetta di puntare e cliccare, le avventure grafiche sono un genere consolidato per il nostro tostapane, specie quelle che amalgamano lo stile delle avventure testuali con il gameplay più immediato dei punta-e-clicca.
The Detective dimostra quanto questo mix possa stupire, confermandosi come uno dei migliori esempi del genere su un computer 8 bit.
TDG, sviluppato da Sam Manthorpe e pubblicato nel 1986 da Argus Press Software, vede protagonista l’Ispettore Snide, un detective di Scotland Yard chiamato a risolvere un delitto in una villa di lusso. Siamo nel 1974 e Angus McFungus, anziano magnate, è appena morto in circostanze misteriose. Snide è il classico ispettore rude dalla barba sfatta che non ama le facili conclusioni o l’aiuto, si reca quindi in solitario alla villa solo per scoprire come siano andate le cose. Ovviamente ben presto anche gli altri ospiti iniziano a tirare le cuoia: Snide dovrà sopravvivere e, come da copione, scoprire il colpevole.
A tutti gli effetti, si tratta di un’avventura pienamente ispirata a Cluedo, persino nella schiera di soliti sospetti che sembra rispecchiare i personaggi del gioco da tavola, compreso il maggiordomo piuttosto algido. In cima alla lista delle cose da fare per il giocatore, troveremo raccogliere indizi: questi sono tenuti singolarmente in apposite buste, in stile C.S.I. Dopo averne raccolti dieci in tutto il gioco, Snide avrà modo d’incastrare il colpevole.
TDG è giocato in tempo reale, o almeno un equivalente ragionevole; il giocatore in tutto ha due ore e venti minuti in tempo reale per risolvere il mistero o altrimenti è game over. In ogni caso, certi avvenimenti non avranno luogo se il giocatore non si metterà a esplorare la villa. Stare fermi farà comunque ticchettare l’orologio, ma non causerà l’avvenimento di alcuni eventi.
La grande villa McFungus nasconde una montagna di segreti da scoprire, mentre il giocatore controlla direttamente Snide su un piano isometrico. L’interfaccia del gioco funziona come da aspettative: premendo il tasto fuoco si apre un menu con un ventaglio di azioni da selezionare. È possibile parlare con tutti e raccogliere le loro opinioni su altri invitati o oggetti, usare gli oggetti stessi e persino combinarli tra di loro. Lo scheletro di un gioco di avventura è decisamente presente, nonché piuttosto solido.
Si potrebbe discutere sul fatto che si tratti di un sistema decisamente primitivo, ma francamente, considerata la piacevole assenza di puzzle assurdi, strani modi di morire o altri tropi del genere, direi che è semplice, ma logicamente solido. A dire il vero, un paio di caratteristiche sono sotto-utilizzate: la possibilità di interrogare gli ospiti non torna mai davvero utile, fornendo questi solo un paio di indizi utili. Probabilmente Manthorpe non ebbe tempo di svilupparla ulteriormente.
Naturalmente, non ci sono finali multipli: Snide prenderà il suo uomo (o donna) o morirà nel tentativo. Ciononostante, TDG è abbastanza complesso e ci sono così tante cose da scoprire che necessiterà alla maggior parte dei giocatori almeno tre o quattro tentativi prima di scoprire cosa sia successo. Come detto sopra, Snide può andare incontro a una morte prematura, ma queste son piuttosto differenti da quelle di una classica avventura testuale degli anni ‘80, seppur possono prendere di sorpresa visto che cominciano a comparire da metà gioco in poi. La trama è straordinariamente ben fatta per un gioco scritto nel ‘86: senza fare spoiler, tutti i pezzi andranno al loro posto alla fine e la serie di colpi di scena e ribaltamenti sorprenderanno molti.
Graficamente, si tratta di un titolo decisamente ben confezionato, con ogni personaggio caratterizzato da un aspetto fumettistico accompagnato da belle animazioni, senza che l’effetto esageri, finendo con rovinare l’atmosfera “giallo”. Vi sono sicuramente alcuni curiosi glitch grafici, come ad esempio il poter far camminare Snide fuori dal salotto perdendolo nell’oscurità, ma non importa, fa parte del fascino di un vecchio gioco. Risulta particolarmente grandioso l’effetto della tempesta che infuria all’esterno in alcune stanze, alla fine dei corridoi.
Il suono è limitato a pochi effetti e un paio di temi musicali. A quanto pare Manthorpe è particolarmente orgoglioso del tempo speso ad ottenere il giusto suono di pioggia (si tratta di citazione da confermare), vista l’attenzione ai dettagli in quel frangente. Da ragazzino ero sempre più spaventato dal suono che dalla grafica, così che quando sentivo le tre note del tema “scoperto il cadavere”, correvo via quanto più velocemente possibile. Per superare la mia paura alzavo il volume a palla e restavo lì immobile, lasciando che quelle tre fortissime note mi avvilupassero il cervello a mò di acqua gelida. Ovviamente, mia madre non gradiva particolarmente questo tentativo di superare i traumi, urlandomi di abbassare il volume.
The Detective Game ha anche il merito di esser stato uno dei modi in cui ho imparato l’inglese, seduto lì davanti alla TV a cercare sul dizionario ogni parola, finendo poi col rimanere deluso perché “ought to” non c’era nemmeno. La mia sconfinata fascinazione per il gioco mi portò anche ad amare tutto ciò che erano crimini e gialli, trovandomi all’età di 10 anni a leggere Ellery Queen e Agatha Christie.
Credo the TDG abbia fatto più per la mia educazione che la maggior parte degli insegnanti delle scuole superiori o università che ho incontrato in vita mia. Già solamente per questo motivo, dovevo al signor Manthorpe la scrittura di un articolo per una delle mie avventure grafiche preferite, così per poter finalmente dire grazie. Per i fan delle avventure grafiche, questo è un titolo a cui dare sicuramente un’occhiata: sarà vecchio e un pochino scricchiolante, ma l’atmosfera e la trama rimangono tuttora due ottimi motivi per fare una gita nella villa McFungus.
Esiste anche un remake del gioco fatto piuttosto bene e gratuito per (tra tutte le console possibili) Nintendo DS.
Grazie per la lettura.
Se volete supportare il sito, potete dare un’occhiata a Patreon oppure offrirmi un caffè.
Grazie a Michael Caminale per l’aiuto sulla traduzione.
Quando leggo articli come questo ( dritti, asciutti, e molto emozionali ) mi chiedo cosa ti sarebbe mancato per essere un eccellente ( se non il migliore ) redattore in una qualsiasi rivista di videogiochi degli anni 80/90. Cristo Damiano! C’è gente che adesso si fregia del titolo di giornalista videoludico e non era capace neanche di stilare la lista della spesa. Avanti così. Vai alla grande.
Mi mancava vivere a Milano 😀 haha! Grazie caro del supporto sempre!